L’utilizzo della cannabis per curare le malattie è spesso oggetto di discussione. Proprio per questo motivo, oggi cercheremo di fare un po’ di chiarezza e vedremo come funziona e per cosa si utilizza la cannabis terapeutica.
Cannabis per uso terapeutico
La cannabis ad uso terapeutico appartiene a una particolare varietà, ovvero la Cannabis sativa, di cui vengono utilizzate le infiorescenze. Questa varietà, infatti, presenta dei principi attivi grazie ai quali è possibile contrastare i sintomi di alcune malattie.
In Italia i medici possono prescrivere l’utilizzo della cannabis terapeutica a partire dal 2006. Questo è ammissibile nel caso in cui le cure tradizionali risultino inefficaci. Dal principio la cannabis per uso terapeutico non poteva essere prodotta in Italia e, per questo motivo, veniva importata dall’Olanda.
Da dicembre 2016, invece, sono stati introdotti in commercio i primi lotti di cannabis per uso terapeutico interamente prodotti in Italia e, più precisamente, nello stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze. In particolare, la cannabis per uso terapeutico prodotta in Italia si chiama Cannabis FM-2 e contiene thc con percentuali che oscillano dal 5% all’8% e CBD in percentuali variabili dal 7,5% al 12%.
Quando e come utilizzare la cannabis terapeutica
L’utilizzo della cannabis non viene considerato una vera e propria terapia, bensì un trattamento di supporto a terapie tradizionali, quando quest’ultime risultato inefficaci o finiscono per provocare effetti collaterali. In queste circostanze, infatti, l’uso della cannabis sembra possa aiutare a contrastare varie problematiche.
È possibile utilizzare la cannabis a fini medici come una semplice tisana. Basta far bollire le infiorescenze per qualche minuto e bere il relativo infuso. In alternativa è possibile procedere per inalazione tramite un vaporizzatore elettrico.
Le patologie
In particolare è possibile utilizzare la cannabis per uso terapeutico nei seguenti casi:
- dolore cronico, in particolare di tipo neuropatico, come quello provocato dalle lesioni del midollo spinale e da patologie quali sclerosi multipla e SLA (terapia del dolore);
- nausea e vomito conseguenti a chemioterapia, radioterapia, terapie farmacologiche contro HIV ed AIDS;
- stimolare l’appetito nei pazienti affetti da AIDS, nei pazienti oncologici e nei pazienti affetti da anoressia nervosa:
- contrastare i movimenti involontari nei pazienti affetti da sindrome di Tourette;
- contrastare l’eccessiva pressione endooculare nei pazienti affetti da glaucoma resistente ad altre terapie convenzionali.
Principi Attivi
I principi attivi alla base della cannabis che ne giustificano l’utilizzo per fine terapeutico sono i cosiddetti cannabinoidi. In particolare è rilevante la presenza di thc o delta-9-tetraidrocannabinolo e verso il cannabidiolo o CBD.
Il THC favorisce le azioni antidolorifiche, antinausea, antiemetiche, rilassanti e stimolanti dell’appetito tipicamente attribuite alla cannabis. Il CBD, invece, aumenta le proprietà antidolorifiche, aumenta l’efficacia e diminuisce gli effetti collaterali.
Effetti Collaterali e Controindicazioni
L’utilizzo della cannabis per uso terapeutico può provocare effetti collaterali e controindicazioni. In particolare tra gli effetti collaterali annoveriamo: vertigini, disturbi a carico della mucosa orale, reazioni psicotiche e incremento degli enzimi epatici.
Allo stesso tempo è bene ricordare che non sempre l’utilizzo di questa sostanza comporta effetti collaterali, in quanto la loro comparsa e intensità viene influenzati da vari fattori, come ad esempio la modalità di somministrazione, posologia, il tipo di patologia da trattare e la sensibilità del paziente nei confronti della cannabis.
Per quanto riguarda le controindicazioni, invece, è sconsigliato l’utilizzo della cannabis per uso terapeutico alle donne incinta, durante l’allattamento, minorenni, pazienti affetti da patologie psichiatriche, problemi all’apparato cardiocircolatorio, epatiti, insufficienza epatica, insufficienza renale e tossicodipendenti.