Eurozona in piedi grazie a Draghi: BCE ed euro sono più solidi

Sei anni fa circa, Mario Draghi fece il discorso più importante da capo della BCE. Era fine luglio del 2012, e il banchiere italiano pronunciò lo storico “whatever it takes”. Con questa espressione lanciò una campagna contro la speculazione che minacciava l’eurozona.

L’era Draghi e l’Eurozona

Di acqua sotto i ponti ne è scorsa da allora, e oggi Draghi può dire di aver compiuto un percorso che ha contribuito a rendere la BCE più attrezzata a fronteggiare le crisi. Anche l’euro molto più solido come valuta. Basta vedere il rapporto di cambio con il biglietto verde e il relative volatility index RVI di questa coppia valutaria.

Il bilancio di questi 6 anni racconta di una economia molto solida, anche se lo stimolo monetario serve ancora. A Francoforte sono ancora convinti che malgrado il QE finirà quest’anno, i tassi non si devono toccare fino all’estate del 2019. Serve infatti ancora uno stimolo monetario significativo, anche per tamponare eventuale contraccolpi derivanti dalla guerra commerciale.

La valuta unica

Oggi l’eurozona poggia sicuramente su basi molto più solide di 6 anni fa, quando sembrava che addirittura l’unione monetaria potesse sfaldarsi. Anche l’euro oggi è una valuta molto più solida, grazie al fatto che uno degli obiettivi non dichiarati di Draghi è stato quello di tenerlo a distanza del livello di 1,20 su biglietto verde. Al momento la missione è compiuta, visto che siamo verso 1,17 e gli indicatori di trend following non danno alcun indizio direzionale. Inoltre è da aprile che la coppia viaggia sotto quota 1.20.

Adesso bisogna capire solo con quali strumenti la BCE reinvestirà nei titoli man mano che scadono. Infatti anche se gli acquisti di titoli cesseranno a partire dalla fine di quest’anno, la Eurotower continuerà comunque a rinnovare il portafoglio accumulato negli anni del QE. Sotto questo punto di vista Draghi non ha scoperto le carte, anche perché in questo modo non dà alcuni spunto ai movimenti puramente speculativi.