Mercato aurifero, si chiude un anno negativo (e poteva andare pure peggio…)

Il 2018 non passerà certo agli annali come un anno facile per il mercato aurifero. Eppure lo sprint del metallo giallo nel primo scorcio dell’anno aveva illuso molti investitori della commodity più famosa assieme al petrolio. Poi gli eventi hanno raccontato tutt’altro nel resto dell’anno. Ma le cose sarebbero potuto andare anche molto peggio, e vedremo perché.

L’anno complesso per il mercato aurifero

mercato auriferoComplessivamente la quotazione dell’oro è diminuita di quasi il 5% nel 2018. Il picco negativo è stato raggiunto verso la fine di novembre (sotto i 1200 dollari l’oncia). Circa 150 dollari in meno rispetto al prezzo che aveva raggiunto in Primavera. Eppure le tensioni della guerra commerciale, quelle politiche in Europa e la Brexit avrebbero dovuto spingere il prezzo del bene rifugio per eccellenza.

Lo conferma quanto successo nel primo trimestre. Il prezzo del metallo prezioso ha infatti guadagnato oltre il 3%. A spingerlo era state le incertezze circa i titoli azionari statunitensi e una possibile guerra commerciale, che hanno creato apprensione sui mercati. E dove c’è timore, l’oro viaggia forte. In primavera la maggior parte degli analisi pronosticava l’oro oltre i 1400 dollari l’oncia, anche perché il significato di pattern trading più utilizzati andava proprio in questa direzione. Invece è successo tutt’altro.

Dall’euforia alla delusione

Il secondo trimestre è stato molto pesante. L’oro ha accusato un calo del 6%, che l’ha portato a infrangere al ribasso il muro dei 1.300 dollari. Sotto questa quota le quotazioni sono poi rimaste per tutto il resto del trimestre. La forza del dollaro e il secondo rialzo dei tassi da parte della FED hanno condannato il metallo giallo a scendere. Nel terzo trimestre lo scenario è stato identico, con un calo del 5% sul mercato aurifero e l’infrazione della soglia dei 1.200 dollari.

Si è verificata la classica inversione a uncino 123 Ross.

Anche questa volta, è stato il dollaro USA a schiacciare i prezzi del metallo prezioso. Come è noto, infatti il dollaro forte rende l’oro più costoso, e questo deprime la domanda. Al resto ci hanno pensato il terzo aumento dei tassi della FED (26 settembre) e la robusta crescita economica negli Stati Uniti.

Quando stiamo per chiudere anche l’ultimo trimestre del 2018, il bilancio resta in rosso per il mercato aurifero. Tuttavia, secondo molti analisti poteva andare peggio. L’aggressività nei rialzi dei tassi da parte della FED avrebbe potuto spingere l’oro addirittura a 700 dollari all’oncia. Così non è stato, ma secondo molti il quadro rimane fosco.